Il territorio

Portovesme, polo industriale della Sardegna meridionale

nel medioevo portovesme era un piccolo porticciolo rifugio di pescatori e scalo sulla rotta per san pietro. Con l'apertura delle miniere si trasformò e oggi è sede di un importante polo industriale dove si producono piombo e alluminio

Anche nei borghi marinari più pittoreschi come Portoscuso si nascondono centri produttivi industriali: è il caso di Portovesme, vivace porto commerciale sede di industrie metallurgiche. Nel suo polo si producono zinco, piombo e alluminio primario mentre la vicina centrale produce quasi la metà dell’energia elettrica sarda. Complessivamente, il polo dà lavoro a qualche migliaio di persone tra addetti diretti e indotto.

Eppure, a dispetto della vocazione industriale, Portovesme ha una lunga storia. Nel medioevo si chiamava Canneddas o Canelles ed era un minuscolo porticciolo abitato da pescatori di tonni e pesci spada. Nell’estate del 1323 l’infante Alfonso di Spagna scelse proprio questo luogo per scaricare le provviste mentre si accingeva ad assediare Villa di Chiesa in mano ai pisani. La sorte arrise alla Repubblica marinara della città toscana che fece giungere venti galee e riuscì a sbaragliare gli aragonesi. In seguito il borgo si espanse e nel Settecento da qui partivano i collegamenti per la vicina isola di San Pietro.

La vita nel borgo cambiò radicalmente nella prima metà del XIX secolo, con l’apertura di numerose miniere di piombo e di zinco nel Sulcis-Iglesiente. Il business era gestito dalla Regia Miniera della Società di Monteponi che, per gestire il flusso di minerali, si appoggiava a Is Canneddas. La località fu ribattezzata Portovesme in omaggio al conte Carlo Baudi di Vesme, brillante storico e progettatore del porto. Nel dopoguerra le miniere chiusero e al loro posto venne realizzato il polo industriale che, con alterne fortune, esiste ancora oggi.

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